giovedì 31 marzo 2011

OSSERVAZIONI INERENTI LO STUDIO “ EMISSIONI DI POLVERI FINI E ULTRAFINI DA IMPIANTI DI COMBUSTIONE” ad ECOCENTRICA

Siamo francamente perplessi dalla divulgazione di questo studio in un’ occasione come quella di Ecocentrica che diffonde spunti e contributi sull’ecosostenibilità di molte scelte, pubbliche e private, e che presenta
ad esempio, coerentemente con tale indirizzo, lavori sulla promozione delle energie rinnovabili. Per quanto concerne in particolare le scelte riguardo alla chiusura del ciclo dei rifiuti questo indirizzo di fondo, se non è ancora sviluppato concretamente, è comunque  dichiarato negli indirizzi del piano provinciale dei rifiuti e nelle iniziative sulla raccolta differenziata ed il riciclo da parte dell’amministrazione comunale. Siamo quindi preoccupati dal fatto che su un tema così ampiamente dibattuto sul piano scientifico e fondamentale per le scelte sul nostro territorio non sia stato sviluppato un confronto più allargato o, quantomeno, una tavola rotonda.
Indubbiamente lo studio in sé si presta a diversi interrogativi: da un lato sviluppa un prezioso lavoro sullo studio delle emissioni di polveri US  da varie sorgenti di combustione e sulla sperimentazione di nuove tecniche di analisi, dall’altro sembra fin dall’origine motivato soprattutto a dimostrare la infondata colpevolizzazione degli impianti di termodistruzione, circa l’emissione di polveri ultrasottili, da parte di non precisate componenti ambientaliste.
A prescindere dal fatto che esiste un’ ampia letteratura scientifica che sostiene il ruolo delle micropolveri e delle nanopolveri prodotte anche dai termovalorizzatori nel determinare effetti fortemente lesivi per la salute, vogliamo rimarcare che i motivi di contrarietà alla realizzazione di impianti di incenerimento da parte di molte associazioni cosiddette ambientaliste, compresa l’associazione scientifica dei medici per l’ambiente, sono ben più vari e articolati: la perpetuazione dei cicli di estrazione di materie, la insostenibilità della filiera produttiva complessiva, l’effetto detrattivo di tali scelte sulle politiche appunto di differenziazione, riciclo e riuso che sono alla base delle raccomandazioni scientifiche e delle normative europee. Nessuno ha mai pensato poi di attribuire ad uno specifico e particolare inquinante o ad un’unica sorgente la colpa dei danni sulla salute dei processi di combustione. Si tratta semmai di riaffermare, secondo il principio di precauzione (che per il nostro territorio vale come principio di ultima difesa rispetto al già pesante tributo che paghiamo per le malattie ambiente correlate) che qualsiasi ulteriore aumento dell’immissione in ambiente di inquinanti, tra cui le polveri US e le nanopolveri sono da tutti considerate le più diffusive e pericolose, deve essere evitato.  ( a cura di ISDE La Spezia )

Entrando nello specifico della sintesi presentata  diverse sono le fonti di domanda sulle scelte fatte dai proponenti e sull’attendibilità di una valutazione che riguardi l’effettivo impatto sui territori anziché la capacità di analisi sperimentale degli strumenti e dei filtri utilizzati.
Sul sito di Medicina Democratica http://www.medicinademocratica.org/article.php3?id_article=314 sono di recente state pubblicate delle note molto puntuali e dettagliate su tali interrogativi: con questi ulteriori commenti si intende semmai sottolineare lacune dello studio specie da punto di vista metodologico.
Al di là delle enfatizzazioni giornalistiche, appare scorretto l’uso che viene fatto dalla stessa
Federambiente, di uno studio non ancora pubblicato e del quale sono state rese pubbliche solo delle
sintesi che non hanno e non possono avere la valenza di uno studio scientifico propriamente detto.
Sotto questo profilo, quindi, anche il recente intervento sull’inserto Affari e Finanza del giornale “la
Repubblica” tutto può essere meno che un “importante contributo per far chiarezza e riportare il confronto sul ruolo dei termovalorizzatori in un alveo scientifico e non emotivo”.
Se si volesse davvero portare il confronto su un alveo scientifico si procederebbe alla pubblicazione dello studio nella sua interezza, mettendo la comunità scientifica nelle condizioni di poter formulare
valutazioni nel merito fondate non su semplici illazioni, come attualmente si è costretti a fare, bensì
su una più dettagliata conoscenza delle metodologie e delle strumentazioni utilizzate nonché di tutti
gli elementi utili a stimare li valore ed il grado di effettiva rappresentatività dei risultati pubblicati.

E’ importante comunque premettere a qualunque considerazione nel merito che non si tratta di uno
studio indipendente, ma di uno studio che presenta un manifesto conflitto di interessi: lo studio infatti, oltre ad essere stato direttamente commissionato da Federambiente, che riunisce
esclusivamente società che operano nell’ambito della gestione dei rifiuti, incluse quindi società ed
imprese costruttrici e/o di gestione di impianti di incenerimento, è stato realizzato “con la
collaborazione” di società direttamente coinvolte nella gestione di impianti di incenerimento di
rifiuti, come AGSM (Verona, inceneritore di Ca’ del Bue), A2A (inceneritori di Brescia, Bergamo,
Acerra), AGSM (Milano, inceneritore Silla 2), ACEGAS-APS (inceneritori di Trieste e Padova),
IREN (inceneritori di Reggio Emilia, Piacenza e, in progetto, il discusso inceneritore di Parma),
VEOLIA (multinazionale impegnata sia nella costruzione che nella gestione di impianti di
incenerimento: in Italia a Gioia Tauro, Potenza, Isernia, Vercelli, Pietrasanta e Brindisi – questi
ultimi due sotto sequestro della magistratura – nonché a Piacenza, in compartecipazione con ENIA,
ora IREN), HERA (inceneritori di Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Ravenna e Rimini), TRM ( che
ha in progetto l' inceneritore di Torino). Dal momento che gli inceneritori coinvolti nello studio
appartengono solo a due delle società citate (A2A ed Hera) si deve supporre che la “collaborazione”
sia avvenuta soprattutto con il finanziamento dello studio stesso.
Nessuno qui vuole mettere in dubbio la competenza o l’etica professionale degli autori dello studio.
Vorremmo però ricordare che l’esistenza di una correlazione tra esiti degli studi e tipo di
committenza (profit o non profit) è un fatto documentato in letteratura, anche nel caso di studi
passati al vaglio di revisori e pubblicati su riviste scientifiche di prestigio internazionale.
Nel caso dello studio di cui stiamo parlando, riferendosi per lo meno alla sua sintesi pubblicata a
cura di Federambiente, alcuni segnali di adeguamento ad esigenze riferibili alla committenza si
possono cogliere prima di tutto nell’individuazione delle finalità dello studio. Se da un lato è infatti
assolutamente condivisibile l’obiettivo di accrescere le conoscenze relative alla fenomenologia delle
emissioni di particolato fine ed ultrafine emesso da impianti di combustione, alla sua consistenza
quantitativa ed alla sua composizione, appare viceversa del tutto estranea agli interessi di un lavoro
scientifico propriamente detto l’esigenza di replicare ad alcune componenti dell’ambientalismo
che in Italia avrebbero “indirizzato l’attenzione al riguardo [al Particolato Ultrafine PU, ndr] sul
trattamento termico dei rifiuti, postulando una connessione diretta tra combustione dei rifiuti e
presunti effetti sulla salute”. Eco di questa esigenza si ritrova poi nelle conclusioni riportate nella
sintesi: Pertanto, il complesso delle valutazioni che emergono dallo studio evidenziano come
l’attività di termovalorizzazione di rifiuti, pur contribuendo come tutte le combustioni
alle emissioni di PU, non mostra allo stato attuale elementi scientifici, né probanti né
sospetti, per escludere a priori questa tecnica di smaltimento e recupero di energia in
quanto fonte particolarmente importante di nano polveri”.
Crediamo che questo rappresenti forse l’unico esempio di studio scientifico propriamente detto che
si ponga l’obiettivo di “non escludere a priori una determinata tecnologia. L’uso che
Federambiente e gli altri sponsor stanno facendo dello studio appare del resto una conferma degli
intenti promozionali con cui hanno commissionato lo studio.
Ulteriore conferma si ha nel fatto che di questa sintesi sia stata predisposta addirittura una versione specifica per la stampa, fatto questo più unico
che raro per i lavori scientifici.       ( a cura di ISDE Italia)

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